Nella tragedia dell'invasione del Tibet non c’è solo sofferenza umana, ma anche il rischio della scomparsa di una autentica cultura di pace basata sugli insegnamenti buddhisti di non violenza e di rispetto per gli altri, l’esempio concreto che un popolo oppresso può lottare per i propri diritti senza perdere la propria umanità.
Oltre al Dalai Lama, premio Nobel per la pace 1989, più di 135.000 dei sei milioni di tibetani si sono rifugiati in India e in Nepal
per sfuggire alla persecuzione religiosa e cercare di preservare le basi della loro cultura attraversando a piedi l'Himalaya, un viaggio che a volte durava anche due mesi e che ha mietuto un numero altissimo di vittime.
Si sono così formati 50 campi profughi in cui i rifugiati, già stremati dal viaggio, sono stati decimati dal caldo torrido e umido, denutrizione, malaria, tubercolosi e altre malattie infettive sconosciute nell'aria tersa dell'altopiano tibetano.
Grazie all'intervento di alcune organizzazioni umanitarie, la situazione in molti campi dei rifugiati è migliorata, mentre in altre zone è manca ancora tutto: cibo sano, acqua non contaminata da parassiti, assistenza sanitaria, medicine e disinfettanti, possibilità di studio e di un futuro migliore per i bambini.
Ed è proprio in queste zone che Yeshe Norbu concentra i suoi interventi mediante progetti in collaborazione col Governo Tibetano in Esilio seguiti personalmente dal Ministro della Salute dott.Tsering Whangchuk.
Nel 1959, 1961 e 1965, le Nazioni Unite approvarono tre risoluzioni a favore del Tibet in cui si esprimeva preoccupazione circa la violazione dei diritti umani e si chiedeva "la cessazione di tutto ciò che priva il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani e delle libertà, incluso il diritto all'autodeterminazione".
A partire dal 1986, numerose risoluzioni del Congresso degli Stati Uniti, del Parlamento Europeo e di molti parlamenti nazionali hanno deplorato la situazione esistente in Tibet (e all'interno della Cina stessa, nei confronti di altre minoranze) ed esortato il governo cinese al rispetto dei diritti umani e delle libertà democratiche.